Una tazzina di caffè e il rischio di diabete
Bere caffè in modo regolare farebbe diminuire fino al 30% il rischio di sviluppare il diabete di tipo 2, e poco importa se l’ambrata bevanda contiene caffeina o è decaffeinata: almeno lo indicano i risultati di una metanalisi pubbliacata su Nutrition Reviews e basata su una review sistematica di una trentina di studi presenti nella letteratura scientifica, che hanno coperto circa 1,2 milioni di consumatori di caffè.
Una relazione dose-dipendente
Ogni tazza di caffè consumata nell’arco di una giornata contribuirebbe a diminuire, rispettivamente, del 7% (caffè normale) e del 6% (decaffeinato) il rischio di contrarre il diabete di tipo 2. L’effetto protettivo, hanno concluso i due autori provenienti dal Karolinska Institutet di Stoccolma, sarebbe legato alle proprietà antiossidanti della bevanda, e al suo effetto termogenico e di regolazione dei livelli di marcatori pro-infiammatori coinvolti nella patogenesi dei disturbi cardiovascolari e metabolici, come il diabete di tipo 2. Altri meccanismi potenzialmente coinvolti includono la modulazione dei cammini di segnale basati sui recettori dell’adenosina ed effetti sul microbioma e sulla sua diversità. Servono tuttavia studi più approfonditi e randomizzati per giungere a definitive conclusioni circa i possibili effetti benefici del caffè nei pazienti affetti da diabete, sottolineano gli autori.
L’opinione dell’Efsa
In un’opinione pubblicata nel 2015, l’Autorità europea per la sicurezza degli alimenti(Efsa) indica una dose giornaliera di caffeina che può essere considerata sicura pari (peer gli adulti in buone condizioni di salute) a un massimo di 200 mg/die, corrispondenti a circa 3 mg per kilogrammo di peso corporeo (mg/kg pc). Dosi maggiori, fino a 400 mg/die (circa 5,7 mg/kg pc al giorno) possono rappresentare un problema per le donne in gravidanza, che eliminano la sostanza più lentamente. Per il consumo abituale di caffeina da parte di bambini e adolescenti l’Agenzia europea propone un livello di sicurezza di 3 mg/kg pc al giorno, legato al metabolismo pressoché simile rispetto a quello della popolazione adulta.
Il consumo di caffè viene spesso associato a disturbi del sonno, ed in effetti Efsa conferma che dosi singole di caffeina di 100 mg (circa 1,4 mg/kg pc) possono influire sulla durata e sulla qualità del sonno, soprattutto se consumate poco prima di andare a dormire.
Va notato che i livelli indicati come sicuri da parte di Efsa fanno riferimento alla quantità totale di caffeina assunta nella giornata, che potrebbe derivare non solo dal caffè (espresso, moka o americano, per esempio, che ne contengono quantità diverse), ma anche da bevande energetiche, tè, bevande a base di cola, fino al cioccolato. Le principali fonti di caffeina variano molto tra i diversi paesi a seconda delle tipiche tradizioni alimentari; se nel Regno Unito la fonte principale è il tè e in Italia il caffè, il cioccolato e le bevande a base di cacao rappresentano in molti paesi la fonte principale di caffeina nei bambini da 3 a 10 anni di età, seguite dalle bevande a base di cola. Sia per il cacao che per il caffè, inoltre, molto dipende anche dal tipo di trattamento a cui sono sottoposti i semi in fase di lavorazione.
L’Agenzia europea sottolinea anche come il consumo di alcol fino a circa 0,65 g/kg pc (pari a un tenore di alcol nel sangue dello 0,08%) non sembra influire sulla sicurezza di dosi singole di caffeina fino a 200 mg, in quanto per tali livelli di assunzione è improbabile che la caffeina mascheri la percezione soggettiva di ebbrezza da alcol.
Gli effetti della caffeina
La caffeina è una sostanza naturalmente contenuta nei semi di caffè e cacao, nelle foglie del tè, nelle bacche di guaranà e nella noce di cola, che stimola il sistema nervoso centrale e, pertanto, viene spesso utilizzata a dosi moderate per migliorare la lucidità mentale e ridurre la sonnolenza (come nel caso degli energy drinks).
Il metabolismo della caffeina è molto rapido e, secondo l’unione di Efsa, gli effetti stimolanti compaiono già dopo 15-30 minuti dall’assunzione. L’emivita della sostanza dipende dalla condizione del singolo individuo che l’assume ed è legata al peso corporeo, allo stato di salute del fegato e all’eventuale stato di gravidanza (ad alte dosi può portare a danni del feto).
A dosi più elevate di quelle considerate sicure, la caffeina assume un vero e proprio effetto eccitante che può influire negativamente sulla funzionalità del sistema nervoso centrale, portando alla comparsa di disturbi del sonno, ansia e alterazioni del comportamento. Consumi eccessivi e prolungati di caffeina sono legati alla comparsa di problemi cardiovascolari.
Nel 2016 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha rimosso il caffè dalla lista dei possibili cancerogeni.