Lavarsi le mani: contro coronavirus e altre epidemie
Incentivare l’abitudine a lavarsi le mani nei 10 aeroporti meglio collegati alle zone colpite da infezioni virali rallenterebbe in modo significativo la corsa dei patogeni. Lo rivela uno studio pubblicato il 23 dicembre 2019, prima che la portata dell’epidemia da coronavirus 2019-nCOV emergesse in modo chiaro. La ricerca pubblicata su Risk Analysis risulta oggi di stringente attualità, anche se non riguarda nello specifico il nuovo coronavirus, ma tutte le malattie infettive a partire dall’influenza.
VIAGGIATORI-UNTORI. Dall’analisi si vede che i viaggiatori affrontano in modo superficiale il tema dell’igiene delle mani, persino in luoghi sporchi e affollati come gli aeroporti, pieni di superfici – i braccioli delle sedie, le maniglie dei bagni, i banchi dei check-in, i vassoi del controllo bagagli – toccati ogni giorno da milioni di persone provenienti da ogni parte del mondo. Solo il 20% di chi transita negli scali ha mani pulite, ossia lavate con acqua e sapone per almeno 15 secondi nell’ultima ora. Il rimanente 80% è potenziale diffusore di patogeni nel tempo che intercorre tra un volo e l’altro.
C’È LAVAGGIO E LAVAGGIO. Un precedente studio dell’American Society for Microbiology stima che solamente il 70% delle persone che usano una toilette aeroportuale si lava le mani prima di uscire dal bagno. Come se non bastasse, soltanto la metà di questi lo fa correttamente: gli altri si accontentano di una sciacquatina veloce con acqua. Migliorare l’igiene delle mani tra chi viaggia in aereo potrebbe triplicare la percentuale di persone con le mani pulite in aeroporto, portandola al 60%: per i ricercatori, ciò rallenterebbe la trasmissione globale delle malattie infettive del 70%.
FOCALIZZARE GLI SFORZI. Pensare di riuscirci in tutti gli aeroporti è un obiettivo del tutto irrealistico. Tuttavia, concentrarsi sui 10 aeroporti più significativi per la potenziale diffusione di un’infezione (per la loro posizione e per le città a cui sono collegati), consentirebbe di arrivare a un risultato già molto positivo: intensificare gli inviti a lavarsi le mani in questi scali ridurrebbe i contagi del 37%.
Il team ha individuato i 120 aeroporti che più contribuiscono alla diffusione dei patogeni, che non sono necessariamente i più affollati. Nell’elenco compaiono, per esempio, quelli di Tokyo (Narita) e Honolulu, che pur essendo rispettivamente il 46esimo e il 117esimo per traffico totale, contribuiscono in modo importante alla diffusione di malattie infettive perché condividono tre caratteristiche: hanno connessioni dirette con i più grandi hub aeroportuali del mondo; gestiscono voli internazionali a lungo raggio; e si trovano in aree geografiche di connessione tra Oriente e Occidente.
IL TEMPO DELLA PREVENZIONE. Individuare i 10 aeroporti più coinvolti nell’ipotetica trasmissione di una malattia infettiva, e concentrare lì le campagne informative sull’importanza di lavarsi le mani (attraverso cartelloni, annunci ai passeggeri, diffusione di lavandini anche all’esterno dei bagni) agirebbe come un freno tirato sulla progressione di epidemie. Del resto, l’invito a lavarsi le mani è la misura principale consigliata dall’OMS contro il nuovo coronavirus: le mani vanno lavate regolarmente con acqua e sapone (o in assenza d’acqua con disinfettanti a base di alcol) e asciugate con cura, strofinando palmi, dorsi e l’interno delle dita, per una durata di tempo sufficiente a canticchiare a mente per un paio di volte di fila “happy birthday”.